Abolizione delle Province e crisi del finanziamento pubblico delle Associazioni

L’abolizione delle Province avvenuta nel 2014 ha sicuramente creato molta confusione e ben pochi risparmi. Da tale cambiamento importante per l’apparato istituzionale statale, sono derivate una serie di problematicità riguardanti il Terzo settore e più nello specifico l’ambito sportivo.
Infatti, se fino a qualche anno fa era competenza di queste istituzioni abolite finanziare, attraverso avvisi e bandi pubblici, le Associazioni sportive dilettantistiche, oggi ancora vi è poca chiarezza nel capire chi debba ritenersi titolare di tale compito.
Seppur manchino degli atti normativi in merito, nella prassi, l’onere finanziario è stato assunto per lo più dalle Regioni: è il caso della Lombardia, del Lazio e del Piemonte. Qui, periodicamente, vengono messe a bando risorse per la promozione della pratica sportiva e per l’organizzazione di eventi sociali e culturali.
Quanto appena detto non è esente, tuttavia, da criticità.
L’alto indebitamento statale, la crisi dei sistemi sanitari e sociali, causata in generale dagli alti costi del nostro Welfare, hanno spinto costantemente le Giunte regionali ad operare tagli con delle inevitabili ricadute anche sul Terzo settore. Ciò ha implicato un profondo ridimensionamento del sistema di finanziamento e contribuzione pubblica.
Dunque, viene spontanea la domanda: dove possono le Associazioni reperire i fondi necessari a svolgere le proprie attività? Rispondere a questa domanda è tutt’altro che semplice e riteniamo il discorso necessiti un’approfondita disamina che ci riserviamo fare in altri articoli, ma, volendo esplicitare in breve le nostre considerazioni, notiamo che oggi giorno buona parte dell’associazionismo è finanziato dal contributo privato dei soci, da erogazioni di Fondazioni private, da sistemi innovativi di fundraising.
In sostanza, quella che è in atto è una vera e propria inversione di tendenza che ha portato le Organizzazioni non profit ad emanciparsi radicalmente dal pubblico, per garantire la propria sopravvivenza. Dovremmo chiederci: un associazionismo così indipendente (per necessità), fino a che punto non lede, creando un vuoto di servizio, l’apparato statale che prima ad esso si poggiava per supplire alle proprie mancanze in ambito sociale?